RIMOZIONE ARTICOLI DIFFAMATORI DALLA RETE DI GOOGLE E ALTRI MOTORI DI RICERCA

Rimozione di Articoli e Collegamenti

da Google e Link Diffamatori

ESISTE UNA SCADENZA PER IL DIRITTO DI CRONACA ?

Reputazione Digitale - Studio di Consulenza Legale - Diritto Oblio - Cancellazione Informazioni dal Web"

Rimozione Link Diffamatori

Rimozione articoli diffamatori sui giornali e siti online, violazione del diritto di cronaca e diritto all’oblio.

Il nostro studio fornisce un servizio professionale per la rimozione di articoli sui giornali e siti online sia di redazioni giornalistiche locali che nazionali che violano il diritto di cronaca o per i quali è possibile appellarsi al diritto all’oblio.

La Corte Europea con il Diritto all’oblio ha voluto impedire il perdurare e la riproposizione di quelle notizie che, pur avendo rivestito interesse nel momento storico in cui si sono verificate, hanno perso per il normale decorso del tempo quella specificità essenziale dato appunto dall’interesse della notizia.

Diffamare una persona innocente non è più diritto di cronaca se la notizia risulta inesatta o se non è stata aggiornata dopo la sentenza dalla testata giornalistica che la pubblica e per questi motivi si può contestare che la stessa lede la reputazione della persona citata. Notizia che se non viene eliminata lascerà INGIUSTAMENTE e per sempre un brutto ricordo nella memoria dei famigliari e amici.

Forniamo inoltre supporto e raccolta di prove informatiche con valore legale per effettuare una denuncia per diffamazione su internet o sui social network.

Il tempo trascorso tra la pubblicazione e la richiesta di rimozione sulla quale i giudici supremi appongono ora il timbro di legittimità è di 2 anni e mezzo ( Tribunale di Chieti, sezione distaccata di Ortona, sentenza del 16 gennaio 2013 ). La permanenza online del pezzo di cronaca oltre i due anni e mezzo “determina una lesione del diritto dei ricorrenti alla riservatezza e alla reputazione”. E i dati contenuti per vicende penali sono particolarmente “sensibili”, rimarcano i giudici. Con sentenza n. 13161 del 24.6.2016 la Corte di Cassazione ha confermato la correttezza di una sentenza del Tribunale di Chieti in tema di diritto all’oblio che ha ritenuto sufficiente il decorso di due anni e mezzo per ottenere la cancellazione e de-indicizzazione di una notizia (ritenuta lesiva della riservatezza e reputazione) dal web. Il diritto all’oblio sorge dunque a tutela della reputazione individuale e può essere sacrificato soltanto nel caso in cui, per qualche ragione oggettiva, l’interesse pubblico per quella notizia si risvegli (ad esempio se la persona o le persone coinvolte commettono altri reati o fatti correlati a quello iniziale).

COSA SI INTENDE PER DIRITTO ALL’OBLIO ?

Con “diritto all’oblio” si intende quella forma di garanzia che prevede la non diffusione di informazioni che possono costituire un precedente pregiudizievole dell’onore di un essere umano. Solitamente, si tratta di informazioni che riguardano specialmente i precedenti giudiziari di una persona.

LA PENA ACCESSORIA DELLA PERMANENZA DELLE INFORMAZIONI LESIVE SU INTERNET

Siamo contrari alla pena accessoria che perseguita per sempre persone che hanno già regolato i conti con la giustizia, pena che sarebbe incompatibile con la finalità costituzionale di recupero del reo al vivere civile. L’articolo 17 del Regolamento generale sulla protezione dei dati dell’Ue, nei fatti, non impone nulla a Google; solamente dice al motore di ricerca che deve provvedere alla rimozione, ma lo dice in modo molto generico, senza obblighi specifici. Per questo occorre, se si vuole ottenere qualcosa, che la richiesta con valore legale sia fatta da professionisti del settore. A tal proposito Google dichiara, in merito ai motivi della mancata rimozione di un contenuto : “Alcuni fattori materiali che ci spingono a non rimuovere le pagine sono l’esistenza di soluzioni alternative, motivi tecnici o URL duplicati. Possiamo anche determinare che la pagina contiene informazioni molto rilevanti per l’interesse pubblico. Determinare se i contenuti sono di interesse pubblico è complesso e può comportare la considerazione di diversi fattori, tra cui a titolo esemplificativo se i contenuti sono relativi alla vita professionale del richiedente, a un crimine del passato, a una carica politica o a una posizione nella vita pubblica, se i contenuti sono stati creati autonomamente, se sono documenti pubblici o se sono di natura giornalistica”. Per questi motivi, il nostro studio dopo aver contattato Google tramite modalità legali, se non vi saranno stati riscontri potrà fare ricorso per voi al Garante della Privacy italiano.

Quando limitare il diritto all’oblio

In tema di diritto alla riservatezza, dal quadro normativo e giurisprudenziale nazionale (artt. 2 Cost., 10 c.c. e 97 della l. n. 633 del 1941) ed europeo (artt. 8 e 10, comma 2, della CEDU e 7 e 8 della c.d. “Carta di Nizza”), si ricava che il diritto fondamentale all’oblio può subire una compressione, a favore dell’ugualmente fondamentale diritto di cronaca, solo in presenza dei seguenti specifici presupposti: 1) il contributo arrecato dalla diffusione dell’immagine o della notizia a un dibattito di interesse pubblico; 2) l’interesse effettivo e attuale alla diffusione dell’immagine o della notizia (per ragioni di giustizia, di polizia o di tutela dei diritti e delle libertà altrui, ovvero per scopi scientifici, didattici o culturali); 3) l’elevato grado di notorietà del soggetto rappresentato, per la peculiare posizione rivestita nella vita pubblica del Paese; 4) le modalità impiegate per ottenere e nel dare l’informazione, che deve essere veritiera, diffusa con modalità non eccedenti lo scopo informativo, nell’interesse del pubblico, e scevra da insinuazioni o considerazioni personali, sì da evidenziare un esclusivo interesse oggettivo alla nuova diffusione; 5) la preventiva informazione circa la pubblicazione o trasmissione della notizia o dell’immagine a distanza di tempo, in modo da consentire all’interessato il diritto di replica prima della sua divulgazione al pubblico. (Nella specie la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza della corte d’appello che aveva respinto la domanda di risarcimento del danno avanzata da un noto cantautore, a seguito della trasmissione su una rete televisiva, a oltre cinque anni dall’accaduto, delle immagini relative al suo rifiuto di rilasciare un’intervista accompagnate da commenti denigratori).

Corte di cassazione, sezione I civile, ordinanza 20 marzo 2018 n. 6919

I requisiti del reato di diffamazione

  1. assenza dell’offeso (se è presente sussisterà il reato di ingiuria)
  2. offesa all’altrui reputazione
  3. La persona diffamata non deve essere necessariamente indicata nominativamente ma tuttavia deve essere individuabile agevolmente e con certezza. In sostanza è sufficiente che l’offeso possa essere individuato per esclusione, o in via deduttiva.
  4. comunicazione a più persone. Non sussiste quindi il reato di diffamazione nella lesione della reputazione comunicata ad una persona solamente, pur potendo essere ciò sufficiente per richiedere il risarcimento del danno in via civile. Con riguardo alla diffamazione a mezzo Internet la sussistenza della comunicazione a più persone si presume nel momento stesso in cui il messaggio offensivo viene inserito su un sito Internet che, per sua natura, è destinato ad essere visitato da un numero indeterminato di persone in breve tempo